Il Decreto Legislativo n. 110 del 27 gennaio 1992, definisce alimenti surgelati i prodotti alimentari “sottoposti ad un processo speciale di congelamento, detto “surgelazione”, che permette di superare con la rapidità necessaria, in funzione della natura del prodotto, la zona di cristallizzazione massima…”. Per questo, in tale processo, il freddo viene applicato con una intensità tale da determinare il veloce abbassamento della temperatura dei prodotti, fino a raggiungere valori di inibizione totale sia delle attività microbiche, sia di quelle biochimiche ed enzimatiche, cristallizzando tutte le molecole d’acqua presenti.
Da sottolineare che un rapido trattamento di surgelazione permette di ottenere microcristalli di ghiaccio che non rompono le pareti delle cellule e, conseguentemente, non danneggiano i tessuti e la struttura del prodotto che, scongelato, riacquisterà le sue proprietà fisiche originarie. Nella surgelazione lenta, e a maggior ragione nella congelazione, i cristalli di ghiaccio, che si formano all’interno delle cellule e dei tessuti, sono invece dimensionalmente maggiori, con spigoli vivi che danneggiano le pareti cellulari, rompendole.
La velocità è, dunque, fondamentale. Infatti, sempre nel decreto si specifica che “la preparazione dei prodotti da surgelare e l’operazione di surgelazione devono essere effettuate senza indugio mediante le attrezzature tecniche tali da contenere al minimo le modifiche chimiche, biochimiche e microbiologiche”.
Sicuramente, nel corso degli ultimi decenni, la tecnologia per surgelare gli alimenti ha compiuto progressi rilevanti ed è diventata di prassi comune, migliorando la distribuzione e riducendo i rischi in materia di sicurezza alimentare. Non solo, anche l’evoluzione dell’interesse dei consumatori verso la salubrità degli alimenti, ha indotto
la Commissione Europea e, in campo nazionale, il Ministero della Salute a considerare come priorità strategica il raggiungimento degli standard più elevati possibili nell’ambito dell’igiene e della qualità dei prodotti in genere e, quindi, anche di quelli surgelati.
Per questi ultimi, l’attenzione è focalizzata sulla temperatura che deve essere mantenuta, in tutti i punti del prodotto, ad un
valore pari o inferiore a –18°C, ininterrottamente.
È questa la reale garanzia per il consumatore in termini di sicurezza e qualità: ogni anello della “catena del freddo” deve essere efficiente, in modo che il prodotto permanga alla corretta temperatura nei magazzini, nei depositi, nei mezzi per il trasporto e nei punti vendita, arrivando perfettamente sicuro al consumatore finale.
Sono comunque tollerate “brevi fluttuazioni verso l’alto, non superiori a 3°C della temperatura del prodotto, durante il trasporto, la distribuzione locale e negli armadi e nei banchi frigoriferi per la vendita al consumatore” (D.L. 110/1992). Per garantire costantemente la catena del freddo possono essere utilizzate diverse tecnologie e, in particolare, viene specificato dal medesimo decreto che “i mezzi criogeni che possono essere usati per il contatto diretto con gli alimenti da surgelare sono:
aria, azoto e anidride carbonica”.
Sempre nella norma, è dedicata particolare attenzione alle materie prime che “devono essere sane, in buone condizioni igieniche, di adeguata qualità merceologica e devono avere il necessario grado di freschezza”. Il primo passo del processo di surgelazione, infatti, consiste nella
scelta del prodotto, che deve essere fresco e non deve contenere sostanze che potrebbero rivelarsi dannose.
Per quanto riguarda, invece, le materie prime impiegate nella produzione degli alimenti surgelati composti, queste “possono essere sottoposte ad un precedente trattamento di conservazione e contenere additivi nei limiti stabiliti dai decreti ministeriali”.
Rimane comunque imprescindibile il ruolo rivestito dal consumatore: quale ultimo anello della catena, è indispensabile che adotti alcune
semplici precauzioni e accortezze al momento dell’acquisto. Per limitare al minimo il rischio di contaminazione degli alimenti surgelati e non vanificare tutti gli sforzi compiuti a monte della filiera del freddo, si può ricordare brevemente di:
- leggere l’etichetta del prodotto che deve riportare, oltre le abituali informazioni sul nome del surgelato, sull’azienda produttrice, anche l’elenco degli ingredienti di cui è composto;
- controllare sempre il termine minimo di conservazione;
- fare attenzione ai termometri degli espositori: la temperatura ideale non deve mai superare i -18°C;
- verificare che le buste non riportino ammaccature o danni di nessun genere. Inoltre, sulla superficie della confezione non devono essere presenti brina o scaglie di ghiaccio;
- comprare i surgelati per ultimi durante la spesa e, soprattutto nella stagione calda, riporli nell’apposito sacchetto termico, per evitare che durante il tragitto fino a casa si scongelino.
Infine, i surgelati dovrebbero essere tolti dal freezer e immediatamente cotti, sia che richiedano frittura, bollitura o qualsiasi altro tipo di cottura: lasciarli scongelare comporta infatti il rischio che si sviluppino microorganismi. Al limite, possono essere lasciati scongelare in frigorifero, tenendo però presente che questo metodo può comportare anche dodici ore di attesa. È sconsigliabile l’utilizzo dell’acqua calda, per evitare la cottura della parte esterna del prodotto; in generale, passare i prodotti sotto l’acqua comporta comunque la perdita di sali e vitamine. Infine, se il prodotto è stato scongelato, anche per errore, ad esempio per un black-out o per la rottura del freezer, non va ricongelato, ma consumato entro breve termine o eliminato, poiché gli alimenti che vengono sottoposti a questo tipo di conservazione,
se scongelati, non possono essere nuovamente congelati, se non previa cottura.
Arianna Roda, Roberta Dordoni
Istituto di Enologia e Ingegneria Agro-Alimentare, Facoltà di Agraria, Universita Cattolica del Sacro Cuore, Piacenza